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Dare tempo al tempo: il valore dell'attesa per (ri)scoprire l'importanza delle cose

Immagine del redattore: Claudio PederzaniClaudio Pederzani

Sandor Marai - "Le braci"


Quarantun anni di fervente attesa, nutrita dal bruciante desiderio di vendetta e di risposta, di verità, immersa nella cupa solitudine del suo castello. Nel suo incontro senile con Konrad, l’amico di gioventù, il generale Henrik cerca la risposta, la verità, a quanto accaduto quarantun anni prima tra la moglie Krisztina e l’amico. Nel lungo dialogo, che è di fatto monologo, che occupa la seconda metà del libro, Henrik ripercorre le proprie riflessioni solitarie e le domande esistenziali che si è posto in tutti quegli anni, durante i quali ha soffocato nell’attesa - un’attesa solitaria, carica di un ordine rigoroso e di una precisione maniacale - tutte le passioni accumulate dalla solitudine: la tensione, l’animosità, la sete di vendetta. Con l’attesa, e solo grazie ad essa, il generale ha continuato a vivere, aspettando l’incontro finale da cui vuole solo la verità.

Ma proprio nel momento del confronto finale, quello che per un’intera esistenza ha immaginato come rivelatore dell’agognata verità, tutte le certezze che avevano permesso al generale di non soccombere alla vita e giungere fino a quel momento crollano di fronte all’inconsistenza che il tempo dà ai fatti del passato. Henrik e Konrad sono sopravvissuti, Krisztina è morta. Questa è l’unica cosa che conta.

Quanto conterebbero, infatti, una verità giudiziaria e i dettagli di una vicenda extraconiugale di fronte alle verità che il generale ha già scoperto da sé in quella lunga solitudine?

Rimane quindi il senso di un’amicizia, ben diversa dai rapporti confidenziali ai quali molti uomini cedono per sfuggire alla loro solitudine, un’amicizia priva dell’aspettativa della ricompensa e ricca di una gratuita abnegazione e un pizzico di eros. Un’amicizia che resiste anche di fronte a un tradimento di questa portata e che è tale proprio nella misura in cui consente al generale di accettare la debolezza e la viltà dell’amico.

Un’opera molto più complessa di quanto sembri, che lascia ampi spazi di riflessione e riconsiderazione, la cui piena comprensione si nutre necessariamente di una seconda lettura.


Nel programma dei 12 passi, fondamento di numerosi gruppi di auto-mutuo-aiuto per svariate problematiche psicologiche e comportamentali, ci si chiede spesso "Quanto è importante?": una sorta di slogan per smorzare le reazioni impulsive ed eccessive di fronte a ciò che ci accade nella vita.

A volte solo col tempo riusciamo a trovare risposta a questa domanda. Henrik ci insegna a dare tempo al tempo, lasciando che ciò che veramente conta sedimenti dentro di noi.

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