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Cambiare le nostre azioni per cambiare chi siamo

Immagine del redattore: Claudio PederzaniClaudio Pederzani

“Per dieci minuti” di Chiara Gamberale


Tengo molto alla libreria che accoglie gli ospiti di casa mia. E’ la prima cosa che si vede entrando, come un maggiordomo sapiente ed esperto. E presta servizio volontario! Cosa potrei chiedere di meglio? Come tutte le personalità di spessore, però, ha bisogno di avere alle spalle le più variegate esperienze, oltre che il carisma per trasmetterle. Così ci tengo che tra i suoi scaffali trovino posto non soltanto libri impegnati - qualcuno direbbe pesanti, qualcuno direbbe vecchi, qualcun altro li troverebbe noiosi…a volte anche io -, ma anche libri più leggeri. E non sto parlando di profondità o superficialità, ma della leggerezza con cui può essere trasmessa un’idea, una sensazione, un’emozione, un ricordo, al di là del loro contenuto. E così il nostro maggiordomo riserva un pò di spazio anche ai libri di mia moglie, che predilige questo tipo di lettura e che ha una sezione tutta sua alla quale ogni tanto mi piace attingere, perché trovo sempre qualcosa che mi sorprende. E’ stato così che sono finito a leggere “Per dieci minuti” di Chiara Gamberale, la quale ci racconta come sia possibile, e tutto sommato nemmeno troppo complicato, riprendersi in mano una vita con dieci minuti al giorno. Dieci minuti durante i quali ci prendiamo l’impegno di fare qualcosa che non abbiamo mai fatto prima. Una rivoluzione gigantesca, se pensiamo a quanto ogni azione che compiamo si trasforma lentamente, e senza nemmeno accorgercene, in abitudine. Quello che ci offre la Gamberale è una risposta all’annichilimento vissuto da Giovanni Drogo ne “Il deserto dei Tartari” di Dino Buzzati. Nel mio lavoro trascorro molto tempo con le persone a ricercare il modo in cui ciascuno ha strutturato, nella vita, determinati atteggiamenti e comportamenti, guidato da emozioni e sensazioni che lo hanno portato a sedersi su quella sedia di fronte a me. E l’errore che facciamo è quello di portare avanti il nostro modo di vivere, autoconvincendoci che di modo di essere si tratti, che siamo fatti così. Ma se partiamo da questa premessa, potremo mai cambiare? L’essere, infatti, non si cambia, il vivere - le azioni che compiamo, gli atteggiamenti che abbiamo - invece si. E cambiando il nostro modo di vivere possiamo cambiare anche ciò che siamo, se lo vogliamo.

Quello che fa Giovanni Drogo ne “Il deserto dei Tartari” è fermarsi immobile nel tempo, che però gli fugge via veloce dalle mani senza che lui nemmeno se ne renda conto, aspettando qualcosa che non avverrà mai. Il suo stare di vedetta sulle torri della Fortezza cercando di avvistare un nemico invisibile si trasforma, giorno dopo giorno, in una pericolosa abitudine, che diventerà la sua prigione. E la Gamberale ci mostra come anche i comportamenti apparentemente più insignificanti e senza scopo ci diano la possibilità di non annullarci e imprigionarci nell’abitudine. Non mi sembra di esagerare dicendo che la Gamberale, con questo libro, ci offre una risposta concreta a una delle tematiche esistenziali simbolizzate da Buzzati nei suoi racconti: anche camminare all’indietro come un gambero ci può servire, questa è la risposta. Il nostro cervello può essere tanto geniale quanto subdolo: se lo nutriamo ogni giorno con le stesse azioni, si specializzerà in esse, diventerà l’esperto di quelle azioni. E totalmente goffo in tutto il resto, facendoci sentire incapaci e in imbarazzo. Camminare all’indietro per dieci minuti non ci serve tanto a imparare a camminare all’indietro quanto ad allenare il nostro cervello e il nostro spirito a incontrare il nuovo. Dobbiamo evitare il fratto_X, la frazione di noi stessi a cui ci riduciamo, convinti di semplificare, e in realtà ingabbiandoci. Fino ad incastrarci nella frazione di noi stessi che un giorno abbiamo scelto di essere, forse per comodità, o forse perché era l’unica risposta che nel tempo abbiamo trovato per far fronte alla vita, dimenticandoci così che si tratta di una scelta. Libertà, dunque. “Libertà di essere davvero noi e solo noi a scegliere non solo cosa leggere, ma anche come amare e quali figli, quali madri, quali padri, quali persone essere”. E dunque, per dieci minuti al giorno, far qualcosa di nuovo. Assolutamente nuovo.

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